La ‘truffa dei diamanti’
Risalgono agli anni tra il 2011 e il 2016 i ‘bei’ tempi in cui larga parte delle banche italiane (Unicredit, Banco BPM, Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena) procacciava clienti ad alcune società specializzate nella vendita di diamanti da investimento (come la Diamond Private Investment – DPI S.p.A e la Intermarket Diamond Business – IDB S.p.A) proponendo ai piccoli investitori l’acquisto di diamanti come bene rifugio e facendo balenare davanti ai loro occhi prospettive di rendimento stellari.
Le modalità del piazzamento al pubblico dei diamanti sono state, tuttavia, ritenute illecite dall’Antitrust e dal Tar, che hanno ravvisato sia nell’operato delle banche sia in quello delle società venditrici omissioni sul fronte delle informazioni rese ai clienti, ingannevolezza dei messaggi diffusi, e quotazioni “gonfiate” che, di fatto, rendevano impossibile la successiva vendita dei diamanti sul mercato a prezzi pari o superiori rispetto a quelli di acquisto.
22.000 piccoli investitori solo in Italia sono stati coinvolti in questo scandalo finanziario, subendo ingenti perdite monetarie. Ad aggravare il quadro il fallimento nel Gennaio 2019 di una delle due società, la IDB.
Nel Marzo 2018 i legali di Assoutenti hanno incontrato, nella sede di Genova, alcune decine di risparmiatori (i quali sono diventati in poco tempo decine di decine in tutta Italia) che hanno acquistato diamanti da investimento da IDB S.p.A. e DPI S.p.A. decidendo quindi di avviare un’azione legale per tutelare i loro diritti grazie anche al lavoro svolto dall’Autorità che nel materiale promozionale, cartaceo e online, predisposto dalle imprese venditrici ha ravvisato diversi profili di scorrettezza, tra cui:
- il prezzo di vendita presentato come frutto di quotazioni di mercato era in realtà determinato dalla IDB e dalla DPI in misura ben superiore al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento;
- l’andamento del prezzo dei diamanti, rappresentato in stabile e costante crescita, era annualmente e progressivamente aumentato dai venditori;
- l’agevole liquidabilità e rivendibilità dei diamanti erano invece condizionate dalla possibilità che altri consumatori fossero disponibili all’interno del circuito di queste aziende;
- la violazione da parte di IDB e DPI dei diritti dei consumatori nei contratti in merito al diritto di recesso e, per IDB, anche la mancata individuazione a favore del consumatore del foro competente in caso di controversie.
La sentenza contestuale
Azione legale che ha incontrato la sua conclusione con la sentenza contestuale di oggi 29 Marzo 2023: “Le decisioni di oggi ci hanno profondamente deluso”, questo il commento a caldo del Presidente Nazionale di Assoutenti, Furio Truzzi, alla notizia del rigetto degli appelli da parte della Corte di Genova promossi da numerosi cittadini contro le decisioni, diverse e contrastanti nei numeri delle somme spettanti a titolo di risarcimento, del Tribunale di Genova.
“A fronte di valutazioni economiche evidentemente contrastanti, confidavamo che la riunione di venticinque procedimenti fosse foriera di una diversa ed univoca valutazione del danno economico. Ai risparmiatori coinvolti nella vicenda dei diamanti da investimento non interessava infatti l’affermazione teorica della responsabilità della Banca, seppur confermata anche in sede di appello con il rigetto della domanda incidentale di BPM, ma la concreta uniformità del diritto all’integrale risarcimento”.
Secondo gli Avvocati Rosanna Stifano e Luca Cesareo, che assistevano i risparmiatori, questa sentenza presenta inoltre un grave profilo, non adeguatamente valutato dalla Corte, ovvero quello della mancata risposta alle legittime domande di risarcimento del danno causato da reato, che sarebbe stato compiuto dal personale apicale di Banco BPM.
L’accertamento delle conseguenze penali purtroppo rischia di incorrere nella prescrizione, non essendo ancora neppure stata fissata la prima udienza dinanzi al GIP di Verona, mentre i Giudici civili interpretano ristrettivamente e formalisticamente le norme, senza dare alcun genere di risarcimento ai consumatori coinvolti.
“Aspettiamo di leggere con attenzione le motivazioni delle sentenze, ma sin d’ora saremo al fianco di quei consumatori che valuteranno la possibilità di portare la questione all’esame della Cassazione”, conclude infine Furio Truzzi.